I segnali del cervello “parlano” per chi è vittima di paralisi

I segnali del cervello “parlano” per chi è vittima di paralisi

SCIENCE, 16 luglio 2021

I segnali del cervello "parlano" per chi è vittima di paralisi

Un algoritmo crea parole e frasi percepite dall’attività neurale attraverso un mini computer impiantato nel cervello. Su Science, i risultati di uno studio dell’Università della California

Un uomo è stato colpito da ictus più di dieci anni fa e oltre a essere rimasto paralizzato a braccia e gambe, è stato colpito da anartria, ovvero dall’’incapacità di controllare i muscoli coinvolti nell’uso della parola. Oggi comunica selezionando le lettere su uno schermo con piccoli movimenti della testa, producendo circa cinque parole al minuto.

Per consentirgli una comunicazione più ricca e soprattutto veloce, il neurochirurgo Edward Chang dell’Università della California  di San Francisco ha testato un modello noto come “algoritmo di apprendimento profondo” che lavora sull’attività cerebrale concentrata nella corteccia sensorio-motoria, una regione del cervello coinvolta nella produzione delle parole. Finora questo approccio era stato testato solo su volontari con elettrodi impiantati chirurgicamente per motivi non di ricerca, ma per monitorare crisi epilettiche. Nel nuovo studio (di cui parla approfonditamente il magazine SCIENCE in un articolo del 16 luglio 2021 che potete leggere qui), il team di Chang ha temporaneamente rimosso una parte del cranio dell’uomo e ha posato un foglio di elettrodi più piccolo di una carta di credito e molto sottile direttamente sul cervello, sulla corteccia motoria sensoriale.

Per “addestrare” l’algoritmo del mini computer, il team aveva bisogno di informazioni affidabili su ciò che l’uomo intendeva dire e quando intendeva dirlo. Così i ricercatori gli hanno sottoposto 50 parole e gli hanno chiesto di pronunciarle. Poi gli è stato chiesto di leggere frasi costruite dallo stesso gruppo di 50 parole come, per esempio, “Portami gli occhiali, per favore”. Per migliorare ulteriormente l’algoritmo, i ricercatori hanno aggiunto una componente di elaborazione chiamata “modello di linguaggio naturale”, che utilizza sequenze di parole comuni per prevedere la probabile parola successiva in una frase. Il The New England Journal of Medicine dice che in questo modo il sistema ha sbagliato solo il 25% delle parole nella costruzione di una frase, mentre il tasso di errore in caso di performance casuale sarebbe del 92%.

Con questo nuovo sistema l’uomo potrebbe arrivare a produrre frasi ad una velocità di 18 parole al minuto, dice Chang . Sebbene il risultato sia ancora molto lontano dalle 120-180 parole al minuto tipiche dell’inglese colloquiale, è di gran lunga superiore rispetto a quanto sia stato possibile fare fino ad ora. E sebbene il sistema non sia ancora pronto per essere usato quotidianamente, l’obiettivo del team di Chang è quello di ampliare il repertorio di parole e renderlo wireless, in modo che il malato non debba essere collegato a un computer esterno per il suo funzionamento.